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L’educazione oltre l’emergenza

I bambini come Biniam imparano a sopravvivere con poco,

la scuola non è una priorità nei villaggi del bassopiano eritreo.

Biniam ha otto anni. Trascorre le sue giornate nelle terre aride del bassopiano, occupandosi degli animali per i genitori.

Il padre è al fronte, non si sa nulla di lui da mesi; la madre ogni giorno cerca una soluzione per sopravvivere e ogni giorno all’alba parte alla ricerca dell’acqua, vende quello che può lungo il percorso e poi rientra alla loro capanna stremata.

La guerra al confine, a pochi chilometri di distanza si fa sentire: non per i colpi d’arma da fuoco, ma per la mancanza di uomini nel villaggio, la crescente povertà, i feriti o prigionieri rientrati.

Poco importa se le scuole, quando ci sono, sono
sempre chiuse o spopolate. Gli insegnanti sono assenti o impegnati in altre mansioni, fortemente provati dalla situazione nel Paese.

La vivacità dei bambini è tutta destinata ad aiutare l’economia familiare; i giovani sanno che il loro dovere è al servizio del governo a tempo illimitato e cercano di posticipare il più a lungo possibile la loro partenza per il militare, nascondendosi o cercando di scappare.

No, la scuola non è una priorità: solo una minima percentuale di studenti a giugno ha passato gli esami di ammissione alla scuola secondaria.

Ma davvero si possono cancellare così i diritti dell’infanzia?
Anche quando tutto sembra fermo e immobile, la vita reagisce, le opportunità si creano. L’educazione diventa una forma di ribellione sana e pacifica, che scavalca l’immobilismo generale del Paese.

La piccola giovane donna Malala vinceva il Nobel per la pace quando aveva solo 15 anni dicendo: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.
Seguiamo il suo esempio, sostenendo i corsi di doposcuola nel bassopiano eritreo. Se le scuole sono chiuse e il diritto all’istruzione non è garantito presso la scuola pubblica, si possono comunque garantire possibilità di educazione nei villaggi, in semplicità, nei piccoli centri studio per i bambini come Biniam che oggi lottano per garantirsi la quotidianità, ma hanno il diritto di sognare un futuro dignitoso.

Con il dopo scuola nei villaggi i bambini possono imparare a riconoscere un percorso di crescita. Come il deserto del bassopiano eritreo ha bisogno di acqua per fiorire, i bambini hanno bisogno di educazione per crescere. Loro sono come piccoli semi, voi potete garantire loro la possibilità di crescere e diventare piante forti e sane.

Perché questa proposta?
“I bambini al centro” è un principio fondante di GMA e spesso è la soluzione di tanti problemi. Per questo confidiamo sempre nella vivacità della vita nei villaggi: perché le famiglie nei villaggi, anche nelle difficoltà, hanno a cuore il destino dei loro figli e fanno di tutto, per proteggerli dai pericoli. Nei villaggi anche nelle difficoltà, adulti e bambini non sono mai soli perché insieme si possono sempre trovare delle soluzioni. Infatti in alcuni villaggi del bassopiano eritreo e vicino al confine con l’Etiopia, le famiglie hanno deciso di collaborare con i religiosi presenti nelle loro comunità per garantire l’istruzione ai loro figli.

Il nostro impegno
L’impegno di GMA per le attività di doposcuola nel 2024 è di 30.000€.

Cosa facciamo?
Del resto, la scuola non è solo un edificio e un’istituzione, è l’educazione che conta, che permette ai bambini di diventare grandi sognando un futuro di pace! Grazie all’impegno dei religiosi nei villaggi, piccole grandi esperienze di speranza si stanno disseminando nel bassopiano con le esperienze di doposcuola. Quando la scuola non c’è o è chiusa, si possono comunque creare nuove opportunità di educazione. Se i libri mancano, si possono recuperare in una sala studio organizzata dai religiosi.

Se per sopravvivere è più importante andare a prendere l’acqua e reperire il cibo, si offrirà l’opportunità di studiare il pomeriggio o in serata, con un punto luce grazie ai pannelli solari. È splendido il lavoro che stanno facendo nei villaggi di Barentu e dintorni.